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Sarti, “scarpolini” e memorie di nonna – la storia di Natalina

Esempio di sarta

Una volta, a Bussolengo, lavori come quello dei sarti, così come quello dei cosiddetti “scarpolini”, erano molto diffusi. Molti dei nostri nonni e dei nostri genitori hanno lavorato in questo campo, sia in fabbrica che a casa. Oggi questi mestieri stanno andando pian piano scomparendo, la tecnologia ha preso il sopravvento sull’arte manuale. Ci sono saperi che non possono andare dimenticati, memorie di vita passate che hanno valori inestimabili e che dobbiamo ascoltare, ricordare. Ma soprattutto passare alle future generazioni.

Ho avuto il piacere di conoscere una nonna bussolenghese doc che mi ha raccontato la sua storia. Una storia di lavoro, ma anche di famiglia, amore e giovinezza. Durante la sua vita ha lavorato in molte sartorie per poi passare all’industria delle scarpe, ma la sua storia è molto di più di queste tappe tra stoffe, pelli e calzature.

Parlo di Nonna Natalina, anno 1941, nata e cresciuta a Bussolengo. Ultima di 11 figli, è una donna allegra e frizzante, con una gran parlantina e con più di 70 tra nipoti e bis-nipoti.

Nonna Natalina: infanzia

È figlia di Antonietta e Silvino, sposati nel 1919 e trasferitesi a Bussolengo dopo il matrimonio. Da quel momento la famiglia si allarga sempre più. Ogni due anni, circa, i coniugi accolgono un figlio, 11 in totale. La più piccola della famiglia, Natalina, nasce sotto Natale, il 29 dicembre. 

“In molti hanno pianto quanto sono nata io” scherza nonna Natalina. “Mia sorella più grande era incinta nello stesso momento di mia mamma, eravamo in tanti! E io ho avuto un nipote della mia età.”

Il padre di Natalina fa il calzolaio, la madre si occupa della famiglia e aiuta il marito nel lavoro. “Mia mamma era il perno della famiglia, un personaggio unico, una forza della natura. Gli uomini lavoravano tutto il giorno, la sera erano quindi stanchi e, per questo, spesso cattivi. Le donne erano più stanche, non si fermavano mai, le stasea sempre in pié, no le se sentaa mai; lavoravano tutti i giorni (anche la domenica), ma mantenevano la loro dolcezza”.

La famiglia di Natalina
La famiglia di Natalina 1949 – Foto di Natalina

Dopo la nascita dei primi figli, Silvino lascia il lavoro e, insieme ad Antonietta, compra cavallo e carrozza per andare a fare il mercato e le fiere dei paesi circostanti a Bussolengo. I figli, uno dopo l’altro, cominciano a contribuire all’attività di famiglia. Dopo un incidente che causa la perdita del carro, fratelli e sorelle fanno ogni giorno più di 40 km in bicicletta per mandare avanti le vendite nei mercati.

A quel tempo si iniziava a lavorare da giovanissimi e tutti in famiglia dovevano collaborare. “Quando ero piccola si lavorava sempre, solo la domenica si poteva pensare un po’ a sé. Si andava a messa, si tornava a casa per fare i mestieri e poi si andava alla funzione per vedere gli amici. In chiesa, il prete fermava noi ragazze prima dell’uscita, per parlare delle “regole delle donne”: dovevamo essere pure, obbedienti”.

Nonna Natalina: giovinezza

Per Natalina e i suoi amici gli anni ’50 sono anni di liberazione e leggerezza, di scoperta e indipendenza, di voglia di socializzare e svagarsi.

“Dopo la cena dai preti, noi giovani facevamo un giro: andavamo al Capitol (cinema), oppure sotto il Monumento a chiacchierare”. Natalina ride raccontandomi questo particolare ricordo. “Spesso arrivavamo a piedi fino a Pescantina: noi ragazzette davanti, e i ragazzetti dietro, che ci seguivano”. Era un momento di libertà e puro divertimento, attimi di genuina giovinezza e sollievo dal lavoro che li aspettava in settimana. “Noi giovani dovevamo guadagnarci tutto, ma questo ci dava soddisfazione”.

Natalina e Francesco
Natalina e Francesco – Foto di Valentina Ganassin

Questi sono gli anni del risveglio dell’Italia: le persone vogliono dimenticare e gioire. Si va al cinema, a teatro, a ballare e giocare a pallavolo dalle suore. I giovani sono spensierati, la guerra ancora troppo vicina perché le cicatrici del paese possano guarire, e la gente ha voglia di  leggerezza. Il lavoro è duro, ma i ragazzi e le ragazze di Bussolengo cominciano a conoscere la libertà. “Col primo morosetto ci davamo la mano di nascosto, al buio, ma non gli avevo mai dato un bacio, sera tropo imbranà”.

A 22 anni nonna Natalina si innamora di Francesco, di due anni più giovane. “L’era proprio un bocia” ride Natalina, “Ma oggi lo risposerei ancora”. A 27 anni si sposa e nasce il suo primo figlio. A questo punto Natalina mi insegna una lezione: “Sai, butina, gli uomini non sono così complicati, ma bisogna comunicare con loro, farsi sentire. Una volta mi tasea e lavoraa, ma non è così che dovrebbe funzionare la vita, bisogna dialogare con gli uomini, la nostra voce è importante”.

Sarti e scarpolini: tra le stoffe

I sarti e le sarte una volta erano molto popolari: i vestiti erano pochi, a volte uno soltanto, e avevano quindi bisogno di molte riparazioni e rammendi. “Una volta c’erano i siori e i poaretti, ma chi era povero non se ne accorgeva perché era la normalità” racconta nonna Natalina. “Era importante tenersi buoni i vestiti che si avevano”.

Dai 7 ai 10 anni, come i fratelli e le sorelle prima di lei, Natalina va dalla sartina Maria, o “la veceta”. Una sarta anziana e sola, la cui sartoria di trovava nella piazza centrale di Bussolengo. Dopo aver lavorato al mercato, la piccola Natalina va dalla sarta e l’aiuta mettendo le ucce. Era così che si imparava il mestiere, già da bambini: “In 3 anni, ho guadagnato 50 lire”.

Sarti e scarpolini: dettaglio mani
Sarti e scarpolini: dettaglio mani – Foto di Amazing World Taste da Pixabay

Poi, dai 12 ai 15 anni, Natalina va a lavorare dal Gigi (Antonio Ganassin, detto Gigi, è mio nonno). La sartoria si trovava in via Borgolecco e Natalina fa i puntini, i sottopunti e le marche. Natalina ricorda bene la sartoria: due locali, una cucinetta e la vetrina. “C’erano tante stoffe in disordine, dappertutto, ma questo era l’ordine del Gigi”. Durante il lavoro, si accende la radio e si ascoltano le canzoni di Sanremo oppure le puntate dei Miserabili.

“Mi piaceva andare dal Gigi perché era buono e gentile, mentre a casa il papà e il prete erano cattivi e severi. Il Gigi mi ha voluto bene e mi trattava bene, era un uomo pieno di sentimento e dolcezza, oltre che un gran lavoratore. Spesso lavorava fino a mezzanotte per finire il lavoro. Mi ha anche regalato un soprabito a 2 versi, così era come se ne avessi avuti due”.

Sarti e scarpolini: tra le scarpe

Dopo la morte del padre, a soli 15 anni, Natalina va a fare la scarpolina in uno dei primi stabilimenti industriali di scarpe a Bussolengo. Sono sei anni molto faticosi, Natalina non sta mai senza fare nulla. Lavora nella fabbrica di scarpe con colleghi, per la maggiora parte uomini, e un capo molto severo. “Ricordo che d’estate faceva molto caldo in fabbrica, d’inverno molto molto freddo”. La sera poi fa la barbiera e, quando può, la bambinaia e la bidella. Nel tempo libero continua anche ad aiutare un’altra sarta del paese. In cambio, per il suo matrimonio, la sarta regala a Natalina l’abito da sposa. “Era molto bello, forse un po’ troppo accollato, ma sono stata felice di ricevere quel dono fatto a mano da lei, che era una sarta molto brava ed esperta”.

Sarti e scarpolini: dettaglio scarpe
Sarti e scarpolini: dettaglio scarpe – Foto di Germans Aļeņins da Pixabay

A 21 anni Natalina va a lavorare nella fabbrica di scarpe di Gianni Bon, chiamato così per la sua gentilezza e bontà. “Anche qui lavoravo con tutti uomini, ma l’ambiente è diverso, più disteso e felice. È lì che ho conosciuto Francesco, sei anni dopo l’ho sposato” ricorda Natalina con un sorriso sulle labbra.

Ringraziamenti

Ho lasciato Natalina, così, sorridente e con tante cose ancora da raccontare. Tutto ciò di cui mi ha parlato mi ha lasciato tanto e lo custodirò nella mia memoria, tramandandolo il più possibile. Per questo vorrei ringraziare Natalina per il tempo che mi ha concesso e per avermi raccontato la sua piccola ma grande storia di vita.

Memorie, tradizioni, emozioni e immagini piene di attimi di vita. Queste sono tutte cose che possono essere tramandate e che hanno una tradizione proprio nel gesto stesso di consegna alle generazioni future. Sono i nonni che hanno l’onere e l’onore di portare avanti questo compito e i nonni di Bussolengo hanno tanto da raccontare. A noi rimane un compito ancora più piacevole, ma molto importante: ascoltarli.

Sarti, “scarpolini” e memorie di nonna – la storia di Natalina ultima modifica: 2021-03-04T09:30:00+01:00 da Valentina Ganassin

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Katia Stranges

Che bella storia… ho letto con tanto piacere. ❤ 

Anna maria

È bello rivivere con questo racconto il periodo di quegli anni. Grazie

Paolo

Bellissimo esempio di dedizione .

Gianeti

Di storie così a Bussolengo c’è ne sono tantissime. Sarti e poi scarpoline e nel frattempo madri e mogli. Raccontarle e raccontarle così bene serve sempre. Brava

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